Contratti pubblici ed equo compenso: un rapporto travagliato, nel prisma degli interventi del legislatore e delle statuizioni giurisprudenziali

di Antonino Ripepi
1. Breve premessa.
Come noto, l’art. 8, comma 2 D.Lgs. n. 36/2023 dispone che, “salvo i predetti casi eccezionali, la pubblica amministrazione garantisce comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso”.
Successivamente al nuovo Codice dei contratti pubblici, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale (5 maggio 2023, n. 104) la Legge n. 49/2023, recante “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”, animata dall’obiettivo di incrementare le tutele per i professionisti, garantendo la percezione di un corrispettivo equo per la prestazione intellettuale eseguita anche nell’ambito di quei rapporti d’opera professionale in cui essi si trovino nella posizione di contraenti deboli.
L’art. 1 della legge in esame chiarisce che la locuzione “equo compenso” individua, secondo un canone comune al citato (e abrogato) art. 13-bis Legge n. 247/2012, la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche delle prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti: 1) per gli avvocati, dal D.M. emanato in conformità alla Legge n. 247/2012 (D.M. n. 55/2014, aggiornato dal D.M. n. 147/2022); 2) per i professionisti iscritti agli altri ordini e collegi, dal D.M. n. 140/2012; 3) per le professioni non ordinistiche, da apposito decreto del Ministero delle imprese e del Made in Italy da adottarsi entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge.
2. Il contrasto giurisprudenziale. Il primo indirizzo.
Considerato il difetto di coordinamento tra legge sull’equo compenso e codice dei contratti pubblici, si è registrato un dissidio pretorio circa i rapporti intercorrenti tra le due fonti normative.
Alcuni TAR, chiamati a pronunciarsi sul coordinamento tra la Legge n. 49/2023 e il D.Lgs. n. 50/2016 ratione temporis vigente, sono pervenuti alla conclusione dell’applicabilità delle previsioni della prima anche al sistema del Codice dei contratti pubblici. Diversamente opinando, e cioè a voler ritenere che il legislatore abbia inteso escludere i rapporti contrattuali tra i professionisti e la Pubblica Amministrazione, l’intervento normativo in tema di equo compenso risulterebbe privo di reale efficacia sul mercato delle prestazioni d’opera intellettuale. Non sussistono, dunque, antinomie in concreto tra la Legge n. 49/2023 e la disciplina del precedente Codice dei contratti, applicabile ratione temporis.
Inoltre, l’argomento sistematico, consistente nell’interpretazione coordinata delle norme in materia di equo compenso e del Codice dei contratti pubblici, conduce a ritenere che il compenso del professionista sia soltanto una delle componenti del “prezzo” determinato dall’Amministrazione come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare alle spese ed oneri accessori.
Per questa via, i Tribunali citati hanno superato l’argomentazione dell’Amministrazione resistente secondo la quale, poiché il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa è fondato sul miglior rapporto qualità/prezzo, a seguito dell’entrata in vigore della Legge n. 49/2023, le gare per servizi di architettura o di ingegneria dovrebbero essere strutturate e aggiudicate sulla base di un prezzo fisso non ribassabile, individuato dalla stessa Pubblica Amministrazione come corrispettivo posto a base di gara, con competizione limitata alla sola componente tecnica dell’offerta e con una evidente compromissione della libera contrattazione, del confronto competitivo tra operatori economici e dei principi comunitari in materia di libertà di circolazione, di stabilimento e di prestazione di servizi.
L’orientamento in esame ritiene, in definitiva, ammissibile l’eterointegrazione delle disposizioni di gara che, al contrario, dovessero consentire la ribassabilità della componente “compenso”, trattandosi di profilo sottratto alla libera disponibilità delle stazioni appaltanti (TAR Veneto, Sez. III, 3 aprile 2024, n. 632; TAR Lazio, Sez. V-ter, 30 aprile 2024, n. 8580).
3. Il secondo orientamento.
Secondo una differente tesi, la eterointegrazione della disciplina di gara con quella sull’equo compenso professionale non sarebbe invece ammissibile, atteso che i due blocchi normativi presentano profili di incompatibilità, che incidono su campi di materie e rispondono a finalità tra loro non perfettamente coincidenti ed omogenee.
In base a tale ricostruzione, il regime dell’equo compenso non derogherebbe, bensì integrerebbe il sistema dei contratti pubblici, senza frustrarne la sostanza proconcorrenziale di derivazione euro-unitaria, e, quindi, senza elidere in radice la praticabilità del ribasso sui corrispettivi professionali, la cui determinazione non è da intendersi rigidamente vincolata a immodificabili parametri tabellari, ma la cui congruità (in termini di equilibrio sinallagmatico) rimane, in ogni caso, adeguatamente assicurata dal modulo procedimentale di verifica all’uopo codificato, quale, appunto, quello dell’anomalia dell’offerta con riferimento al ribasso praticato sul corrispettivo dei servizi di progettazione (TAR Campania, Salerno, Sez. II, 16 luglio 2024, n. 1494).
Si è, inoltre, osservato che le esposte conclusioni sono avvalorate dall’interpretazione conforme al diritto eurounitario. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, infatti, ha sottolineato come la previsione di tariffe minime non soggette a ribasso rischierebbe di porsi in contrasto con il diritto euro-unitario, che impone di tutelare la concorrenza; infatti, in materia di compensi professionali, l’indicazione delle tariffe minime e massime è vietata (e va disapplicata) in quanto incompatibile con il diritto dell’Unione Europea, ma sono comunque ammesse deroghe per motivi di interesse pubblico, come la tutela dei consumatori, la qualità dei servizi e la trasparenza dei prezzi (C. giust. UE,25 gennaio 2024, causa C-438/2022; C. giust. UE, 4 luglio 2019, causa C-377/2017).
Dunque, la concorrenza sul prezzo, in ogni sua componente, rappresenterebbe un elemento essenziale per il corretto dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali delle gare pubbliche, sicché l’eventuale limitazione alle sole spese generali o all’elemento qualitativo rischierebbe di introdurre di fatto una barriera all’ingresso per gli operatori più giovani, meno strutturati e di minore esperienza. In altri termini, la specialità del sistema dei contratti pubblici e della relativa disciplina risponde ad una sua logica proconcorrenziale, che impedisce di cristallizzare i compensi professionali tramite la propugnata eterointegrazione automatica delle disposizioni della Legge n. 49/2023, inducendo, piuttosto, a considerare queste ultime a guisa di principi direttivi cui la stazione appaltante deve indefettibilmente improntare la propria valutazione di congruità dell’offerta provvisoriamente aggiudicataria (TAR Calabria, Reggio Calabria, 25 luglio 2024, n. 483).
4. L’impatto del “Correttivo” (D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209).
Il legislatore, in sede di novella, sembra aver optato per una disciplina speciale rispetto a quanto previsto dalla Legge 49/2023 (R. Garofoli – G. Ferrari, Nuovo codice dei Contratti pubblici 2025, annotato con dottrina e giurisprudenza, X ed., Molfetta).
In particolare, il comma 15-bis dell’art. 41 D.Lgs. 36/2023, richiamando il principio di concorrenza tra gli operatori economici e il divieto di affidamento di prestazioni d’opera intellettuale a titolo gratuito, stabilisce che i corrispettivi, determinati secondo le modalità dell’allegato 1.13 (concernente la “determinazione dei parametri per la progettazione”), sono utilizzati dalle stazioni appaltanti ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara per gli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro, comprensivo dei compensi, nonché degli oneri e delle spese accessori, fissi e variabili. Le stazioni appaltanti procedono all’aggiudicazione dei predetti contratti sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo nel rispetto dei seguenti criteri:
a) per il 65 per cento dell’importo, l’elemento relativo al prezzo assume la forma di un prezzo fisso, secondo quanto previsto dall’articolo 108, comma 5;
b) il restante 35 per cento dell’importo da porre a base di gara può essere assoggettato a ribasso in sede di presentazione delle offerte.
La stazione appaltante definisce il punteggio relativo all’offerta economica secondo i metodi di calcolo di cui all’articolo 2-bis dell’allegato I.13 e stabilisce un tetto massimo per il punteggio economico, entro il limite del 30 per cento.
Correlativamente, viene soppressa, nel secondo periodo del comma 15 dell’articolo 41 del Codice, la precisazione in base alla quale i corrispettivi di cui al c.d. “decreto parametri” erano utilizzati dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara dell’affidamento.
Il comma 15-ter, sempre con riguardo agli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura, mantiene ferme le disposizioni in materia di esclusione automatica delle offerte anomale di cui all’articolo 54 (concernente il caso di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso e di appalti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea) e all’allegato II.2, confermando che l’applicazione delle norme in tema di verifica di anomalia dell’offerta.
Il comma 15-quater, con riferimento ai contratti dei servizi di ingegneria e di architettura affidati direttamente (anche senza consultazione di altri operatori), di importo inferiore a 140.000 euro, prevede, inoltre, che i corrispettivi, stabiliti secondo le modalità dell’allegato I.13, possano essere ridotti in percentuale non superiore al 20 per cento, in tal modo enucleando il range di sistemica compatibilità con il principio del compenso equo, previsto dall’articolo 8, comma 2, del Codice (sul “Correttivo” in generale, v. C. Contessa, Il Decreto correttivo al Codice dei contratti fra (parziali) innovazioni e aspetti di continuità, 2025, in www.giustizia-amministrativa.it).
5. La sentenza in commento (Cons. Stato, Sez. V, 3 febbraio 2025, n. 844).
Con una recentissima sentenza, il Consiglio di Stato aderisce al secondo degli indirizzi interpretativi prima sintetizzati, tenendo in debita considerazione lo spirito generale sotteso al recente “Correttivo”.
Dopo aver ricostruito l’impianto normativo nei termini prima proposti, il Collegio osserva che il codice dei contratti pubblici presenta una disciplina in sé compiuta e autosufficiente in materia di corrispettivi, ivi inclusa la componente del compenso professionale.
Come già osservato, infatti, l’art. 41, comma 15, D.Lgs. n. 36 del 2023 considera le tabelle ministeriali (ai sensi dell’all. I.13, che rimanda al D.M. 17 giugno 2016) quale strumento per determinare la base d’asta (come tale ribassabile), non già per fissare minimi inderogabili di compenso.
Al contempo, il codice prevede dei minimi inderogabili o delle voci non ribassabili (art. 41, comma 14 e 13) solo per gli elementi del salario o costo della manodopera.
Ancora, la competizione sui servizi di ingegneria e architettura avviene di regola, ai sensi dell’art. 108, comma 2, lett. b), D.Lgs. n. 50 del 2016 (precedente codice dei contratti), con criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, dunque con ammesso ribasso sulla componente del corrispettivo.
Si inferisce da ciò che, in termini generali, le regole sull’equo compenso di cui alla L. n. 49 del 2023 non trovano diretta applicazione nell’ambito di procedure di affidamenti pubblici di servizi, e ciò anche a fronte dei diversi parametri a tal fine presi in considerazione dai due corpi normativi.
Tanto premesso, il Collegio perviene all’affermazione del principio per cui “nella materia dei contratti pubblici non si applica la disciplina in materia di ‘equo compenso delle prestazioni professionali’ di cui alla Legge 21 aprile 2023, n. 49, vigendo la suesposta disciplina speciale”; d’altronde, come accennato, l’intento del Correttivo era proprio quello di dettare una disciplina speciale rispetto alla L. n. 49/2023.
Ne derivano le conclusioni da trarre in ordine al rapporto fra i due regimi normativi: il sistema degli affidamenti dei contratti pubblici soggiace a regole sue proprie in ordine ai corrispettivi e loro ribassabilità; il relativo controllo è rimesso peraltro alla (distinta) disciplina sull’anomalia delle offerte (art. 110 D.Lgs. n. 36 del 2023; già art. 97 D.Lgs. n. 50 del 2016), soggetta alle diverse logiche della sostenibilità economica della complessiva proposta contrattuale; quello dell’«equo compenso» costituisce un principio generale da tener presente nelle «prestazioni d’opera intellettuale» (del quale i nuovi commi 15-bis e quater dell’art. 41 rappresentano regola applicativa di dettaglio, in tali sensi richiamati dalla disposizione che pone il principio).
6. Conclusioni.
La rassegna della giurisprudenza più recente consente di affermare che il rapporto tra due diverse fonti normative, legge sull’equo compenso e codice dei contratti pubblici, risulta di complessa ricostruzione. Tuttavia, il D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209, unitamente alla giurisprudenza amministrativa degli ultimi mesi, sembra suggerire una sistematizzazione nel senso della specialità della disciplina recata dal codice dei contratti e, per l’effetto, la non applicabilità della normativa in tema di equo compenso in quest’ultimo settore normativo, segnato dall’esigenza di assicurare il valore sovranazionale della concorrenza, che impedisce di cristallizzare i compensi professionali tramite l’eterointegrazione automatica delle disposizioni della Legge n. 49/2023.
Riferimenti normativi:
L. 21 aprile 2023, n. 49;
Art. 8, comma 2, D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36;
Art. 41 D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36
Giurisprudenza di riferimento:
TAR Veneto, Sez. III, 3 aprile 2024, n. 632;
TAR Lazio, Sez. V-ter, 30 aprile 2024, n. 8580;
TAR Campania, Salerno, Sez. II, 16 luglio 2024, n. 1494;
TAR Calabria, Reggio Calabria, 25 luglio 2024, n. 483;
Cons. Stato, Sez. V, 3 febbraio 2025, n. 844.