Libertà sindacale e gerarchia militare: da ossimoro a difficile convivenza?
di Giuseppe Tango e Giuseppe Di Bella
Abstract
La libertà sindacale e l’autonomia organizzativa del sindacato rappresentano una delle maggiori epifanie di quello che può essere definito il filo conduttore del nostro modello di democrazia costituzionale: l’intreccio tra personalismo e pluralismo, la tutela dei diritti dell’uomo all’interno di una cornice collettiva in cui le istanze individuali si rafforzano e si alimentano diventando parte di un progetto complessivo di «società e Stato».
Rispetto al quadro dei diritti sindacali comuni la natura delle funzioni svolte dal personale militare, da sempre, ha giustificato l’affievolimento o la limitazione dell’esercizio di alcuni diritti costituzionalmente garantiti.
La peculiarità dell’ordinamento militare si riverbera nelle relazioni lavorative e conferisce all’attività sindacale una caratterizzazione speciale.
L’atavico divieto per i militari di costituire associazioni sindacali, che affonda le sue radici in un passato pre-repubblicano, è riuscito a rimanere intatto per lungo tempo, ma dopo la svolta giurisprudenziale della Corte costituzionale e coerentemente con quanto rilevato anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nonché da ultimo con l’emanazione della Legge n. 46 del 28 aprile 2022, la libertà sindacale è ormai un diritto riconosciuto anche ai membri delle Forze armate, ancorché soggetto a limitazioni in ragione dell’aspetto funzionale dei compiti istituzionali attribuiti.
Attraverso l’esame di fonti normative, approdi giurisprudenziali e problemi interpretativi, tale contributo si propone di ricostruire l’evoluzione e le possibilità di sviluppo dell’attività sindacale nei rapporti di lavoro del personale delle Forze dell’ordine.
Trade union freedom and organisational autonomy represent one of the major epiphanies of what can be defined as the common thread of our model of constitutional democracy: the interweaving of personalism and pluralism, the protection of human rights within a collective framework in which individual demands are strengthened and nourished, becoming part of an overall project of ‘society and State’.
Compared to the framework of common trade union rights, the nature of the roles performed by military personnel has always justified the weakening or restriction of the exercise of certain constitutionally guaranteed rights.
The atavistic prohibition for military personnel to set up trade union associations, which has its roots in a pre-Republican past, managed to remain intact for a long time, but after the jurisprudential turning point of the Constitutional Court and in line with the findings of the European Court of Human Rights, as well as most recently with the enactment of Law No. 46 of 28 April 2022, trade union freedom is now a right recognised also for members of the Armed Forces, although subject to limitations due to the functional aspect of the institutional tasks assigned.
Through the examination of regulatory sources, jurisprudential approaches and interpretative problems, this contribution aims to reconstruct the evolution and development possibilities of trade union activity in the labour relations of law enforcement personnel.