I limiti allo jus variandi e tutela della professionalità alla luce della riforma dell’art. 2103 c.c. e della più recente interpretazione giurisprudenziale

Nota a Tribunale di Roma, Sez. Lav., sentenza 3 marzo 2023, n. 2258 – Giud. Casoli  e Tribunale di Roma, Sez. Lav., sentenza 31 ottobre 2022 – Giud. Rossi 

di Caterina Scorrano

Abstract

La nota trae spunto dal recente orientamento delle sentenze del Tribunale di Roma per ripercorrere i vari orientamenti giurisprudenziali e dottrinali sul tema dello jus variandi del datore di lavoro e, in particolare, sulla tendenza dei giudici a ricondurre la nuova versione dell’art. 2103 c.c. nei limiti delle norme costituzionali, recuperando il valore della tutela della professionalità del lavoratore, mediante la previsione di limiti al potere del datore di lavoro di adibire il dipendente a mansioni inferiori a quelle di inquadramento.
Vengono dunque richiamati i vari orientamenti giurisprudenziali sul punto, dai quali emerge la suddetta interpretazione costituzionalmente orientata del nuovo art. 2103 c.c., con il recupero del valore della professionalità del lavoratore a discapito dello jus variandi del datore di lavoro, in quanto secondo i giudici la classificazione del personale contenuta nei diversi contratti collettivi e assunta quale parametro di riferimento per valutare la legittimità del provvedimento di modifica delle mansioni dall’art. 2103 c.c., non può, in ogni caso, consentire al datore di lavoro di mortificare il valore della professionalità del lavoratore, che è rappresentato, oltre che dal suo inquadramento contrattuale, anche, ed in pari misura, dall’esperienza, dalla preparazione e dalle competenze maturate nel corso degli anni. Tali elementi contribuiscono a creare un patrimonio indissolubile costituente il presupposto per il continuo sviluppo delle capacità lavorative.
Dunque, il datore di lavoro potrà adibire il lavoratore a mansioni differenti da quelle di inquadramento e svolte in precedenza, fermo restando il controllo giudiziale sul mantenimento della medesima professionalità.

This paper intends to draw inspiration from the recent orientation of the judgments of the Court of Rome in comment to retrace the various jurisprudential and doctrinal orientations on the subject of the jus variandi of the employer and, in particular, on the tendency of judges to refer the new version of the art. 2103 of the civil code within the limits of the constitutional provisions, recovering the value of the protection of the worker’s professionalism, through the provision of limits to the power of the employer to assign the employee to tasks lower than those of classification.
The various jurisprudential orientations on the point are therefore recalled, from which emerges the aforementioned constitutionally oriented interpretation of the new art. 2103 of the civil code, with the recovery of the value of the worker’s professionalism to the detriment of the employer’s jus variandi, since according to the judges the classification of personnel contained in the various collective agreements is taken as a reference parameter for assessing the legitimacy of the amending measure of the tasks by art. 2103 of the civil code, cannot in any case allow the employer to mortify the value of the worker’s professionalism, which is represented, in addition to his contractual framework, also, and to an equal extent, by the experience, preparation and skills acquired during the years. These elements help to create an indissoluble heritage constituting the prerequisite for the continuous development of working skills.
Therefore, the employer will be able to assign the worker to tasks other than those of classification and carried out previously, without prejudice to judicial control over the maintenance of the same professionalism.


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