Il “blocco dei licenziamenti” non si applica al recesso per superamento del periodo di comporto
Lo ribadisce la Corte di Appello di Brescia, il 23 febbraio scorso, nel confermare quanto deciso in primo grado in merito al perimetro oggettivo del divieto (rectius: l’art. 46 D.L. 17 marzo 2020, n. 18, conv. in L. n. 27 del 2020, blocco poi prorogato da vari decreti leggi sino al 31.3.2021 e, da ultimo, dal D.L. n. 41 del 2021, conv. in L. n. 69 del 2021 sino al 30.6.2021 o al 30.10.2021).
«La decisione del Tribunale è corretta, dovendo ritenersi, in conformità alla giurisprudenza della S.C., che il licenziamento per Superamento del Comporto costituisce una fattispecie autonoma di recesso che trova la sua disciplina nell’art. 2110 c.c., vale a dire in una situazione di per sé idonea a consentirlo, diversa da quelle riconducibili alle nozioni di giusta causa ex art. 2119 c.c. e di giustificato motivo ex art. 3 L. n. 604 del 1966. […]
In sostanza, secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, le regole dettate dall’art. 2110 c.c. per le ipotesi di assenze da malattia del lavoratore prevalgono, in quanto speciali, sulla disciplina dei licenziamenti individuali e si sostanziano nell’impedire al datore di lavoro di porre fine unilateralmente al rapporto sino al superamento del limite di tollerabilità dell’assenza (c.d. comporto), nonché nel considerare quel superamento unica condizione di legittimità del recesso, nell’ottica di un contemperamento tra gli interessi confliggenti del datore di lavoro e del lavoratore».
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