La legittimazione sostanziale e l’interesse ad agire delle OO.SS. in relazione alla lesione dei diritti spettanti alla RSU

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In una recente sentenza, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (sentenza n. 2581 resa in data 26/10/2022) ha accertato, all’esito del giudizio di opposizione promosso dalla Segreteria Provinciale della FIALS CONFSAL, la natura antisindacale del comportamento tenuto dalla ASL di Caserta per aver “disposto l’adeguamento del regolamento interno per la graduazione, affidamento, valutazione e revoca degli incarichi di funzione e della relativa copertura finanziaria” in “mancanza di un preventivo accordo con le RSU”.

Ad una prima lettura, la motivazione della sentenza appare corretta ed esaustiva sia in relazione ai profili sostanziali, che in relazione a profili processuali.

Il Tribunale adito ha:

  • preliminarmente evidenziato la mancanza di contestazioni in relazione ai “presupposti soggettivi per l’accesso da parte della ricorrente organizzazione sindacale alla speciale tutela di cui all’art. 28 S.L.”, presupposti attestati dalla riconducibilità di parte ricorrente nell’ambito delle OO.SS. “rappresentative” e, come tali, legittimate alla contrattazione collettiva di comparto (v. art. 43 D.Lgs. n. 165/2001);
  • successivamente esaminato le disposizioni del CCNL Comparto Sanità che, da un lato, individuano – in conformità alle prescrizioni normative vigenti in materia (v. art. 40, comma 3 bis, del D.Lgs. n. 165/2001) – la RSU quale soggetto sindacale legittimato alla contrattazione integrativa aziendale e, dall’altro, riservano alla contrattazione integrativa aziendale la disciplina della ripartizione dei fondi destinati ai trattamenti accessori del personale (v. art. 9, commi 3 e 5, CCNL Comparto Sanità 2019/2021).

In base a tale semplici rilievi, il Tribunale adito ha accertato la antisindacalità della condotta tenuta dalla ASL e, conseguentemente, ordinato la rimozione degli effetti di tale condotta.

Ad una più attenta disamina, emerge un elemento che, nonostante la sua indubbia rilevanza, non è stato minimamente esaminato e considerato ed è quasi sempre ignorato o eluso dai precedenti giurisprudenziali relativi a fattispecie analoghe a quella in esame: la carenza di legittimazione sostanziale e la carenza di interesse ad agire della O.S. ricorrente in relazione alla lesione dei diritti spettanti alla RSU.

Tale carenza non ha ad oggetto la c.d. legitimatio ad causam o i “presupposti soggettivi” – correttamente individuati nella motivazione della sentenza in esame – per accedere allo speciale procedimento di repressione della condotta antisindacale previsto dall’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori – ma concerne la titolarità della posizione soggettiva oggetto dell’azione e, quindi, del diritto leso dal comportamento antisindacale, titolarità che nel caso in esame spetta in via esclusiva alla RSU quale soggetto sindacale distinto e autonomo dalle OO.SS..

Gli indici – sia normativi, che negoziali – di tale autonomia sono molteplici:

  • l’art. 42 del D.Lgs. n. 165/2001 fonda la legittimazione dei componenti della RSU sul mandato conferito direttamente dai lavoratori all’esito di elezioni a suffragio universale riconoscendo alle OO.SS. la sola facoltà di presentare le liste dei candidati;
  • il CCNQ in materia di costituzione delle RSU per il personale dei comparti delle pubbliche amministrazioni del 12/4/2022:
  • qualifica la RSU quale “soggetto sindacale unitario cui si applicano le regole generali proprie degli organismi unitari elettivi di natura collegiale” e quale organismo autonomo le cui decisioni “sono assunte a maggioranza dei componenti” (v. art. 12, primo e secondo comma);
  • individua le prerogative e i diritti sindacali (permessi sindacali, permessi non retribuiti, diritto di indire l’assemblea dei lavoratori, diritto di affissione e diritto ai locali) spettanti a tale organismo (v. art. 5, quarto comma);
  • individua le cause di decadenza dalla carica di componente della RSU, nel cui ambito – e a differenza di quanto previsto dalla disciplina negoziale dei comparti di contrattazione privati (v. art. 6, Sezione Seconda, Parte Seconda, Testo Unico sulla rappresentanza del 10/1/2014) – non è menzionata la revoca dell’adesione del componente della RSU all’O.S. che ha formalizzato la sua candidatura (v. art. 9);
  • tutti i CCNL dei comparti pubblici riconosco la legittimazione negoziale alla contrattazione collettiva integrativa alle RSU e ai rappresentanti territoriali delle OO.SS. firmatarie del CCNL.

I suindicati elementi, unitariamente considerati, concorrono a configurare la RSU quale soggetto sindacale unitario dotato di una specifica legittimazione negoziale e di specifiche prerogative sindacali e – soprattutto – quale soggetto terzo rispetto alle OO.SS. con le quali non intercorre né un rapporto organico, né tantomeno vincoli giuridicamente rilevanti.

Ciò conferma e dimostra la carenza di legittimazione sostanziale e la carenza di interesse ad agire delle OO.SS. in relazione alla lesione dei diritti spettanti alla RSU, lesione che la RSU, quale esclusiva titolare del diritto compromesso, può legittimamente tutelare giudizialmente (non con l’azione ex art. 28 dello Statuto dei Lavoratori riservata agli “organismi locali delle associazioni sindacali nazionali”, bensì) con una azione di merito o con una azione cautelare innanzi al Giudice del Lavoro.

Sul punto si riportano le corrette argomentazioni della sentenza resa dal Tribunale di Agrigento (sentenza n. 105 del 04/02/2020) in una fattispecie sostanzialmente analoga a quella del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere: “Va, innanzitutto, preso atto dell’ormai consolidato orientamento della Suprema Corte (cfr. Cass. sez. lav. 23 marzo 2006 n. 6429) – da cui questo Giudice non ritiene di doversi discostare – secondo cui la legittimazione all’esercizio della speciale azione di cui all’art. 28 Legge n. 300/70 spetta agli organismi locali delle associazioni sindacali che vi abbiano interesse, e non anche invece, alle R.S.A. costituite ai sensi dell’art. 19 Legge n. 300/70 né alle R.S.U., quali organismi di rappresentanza sindacale unitaria, destinate a subentrare nelle medesime prerogative sindacali delle R.S.A., che sono, per converso, legittimate ad agire nelle forme ordinarie (cfr. Cass. sez. lav. 24 gennaio 2006 n. 1307). È bene evidenziare, in proposito, che le R.S.U. (così come le R.S.A.) pur potendo essere costituite ad iniziativa delle organizzazioni sindacali nazionali, che contribuiscono a comporne i posti, non possono, tuttavia, considerarsi una articolazione periferica territoriale delle medesime organizzazioni sindacali; e ciò in considerazione, per un verso, del fatto che alla formazione delle stesse R.S.U (così come delle R.S.A.) concorrono una pluralità di organizzazioni sindacali, con conseguente insussistenza di un legame e di un collegamento univoco a una determinata organizzazione sindacale; nonché, per altro verso, in considerazione dell’assenza di un potere di coazione e/o di controllo da parte del sindacato sui singoli componenti delle R.S.U. che non assumono, pertanto, alcun obbligo di comportamento in conformità ai principi della corrispondente organizzazione sindacale a livello nazionale. Orbene, nel caso oggetto di giudizio è pacifico che l’assemblea sindacale in contestazione fosse stata convocata dalla R.S.U., e non anche dalla organizzazione sindacale ricorrente, emergendo tale circostanza dalla documentazione versata in atti [cfr. doc. n. 1, 2 e 3 fascicolo parte ricorrente]. Irrilevante è, peraltro, l’osservazione di parte ricorrente circa la riconducibilità di uno dei componenti della R.S.U. alla propria organizzazione sindacale, stante la ontologica diversità e la conseguente non sovrapponibilità tra le due entità. In definitiva, ne consegue la carenza di interesse ad agire in capo alla odierna parte ricorrente in ordine alla domanda volta a far valere il carattere antisindacale di una condotta riferibile non già alla stessa ricorrente, bensì alla R.S.U. presente all’interno dell’Istituto scolastico – che non è, peraltro, parte del presente giudizio – e che a tutela della lamentata lesione avrebbe dovuto, invece, proporre un’azione nelle forme del rito ordinario del lavoro, stante la riserva della speciale azione di cui all’art. 28 Legge n. 300/70 unicamente alle organizzazioni sindacali i cui interessi siano stati effettivamente lesi dalla condotta antigiuridica del datore di lavoro”.

Per compiutezza si precisa che la suindicata sentenza del Tribunale di Agrigento è stata riformata dalla Corte d’Appello di Palermo (sentenza n. 730 in data 01/08/2022) richiamando i principi affermati dalla Suprema Corte in relazione alla “definizione teleologica” del comportamento antisindacale: “La definizione della condotta antisindacale di cui all’art. 28 dello Statuto dei lavoratori non è analitica ma teleologica, poiché individua il comportamento illegittimo non in base a caratteristiche strutturali, bensì alla sua idoneità a ledere i “beni” protetti … Nel caso in esame non è contestato un comportamento che ha effetti esclusivamente nei rapporti tra la RSU e l’Amministrazione datoriale, bensì una condotta che viola un principio di libertà ed attività sindacale in sé lesiva per tutte le categorie di lavoratori, che è certamente interesse del sindacato opporre e fare dichiarare illegittima. La lesione del diritto all’attività sindacale esercitata dalla RSU con la negazione del diritto alla convocazione dell’assemblea si ripercuote sull’attività sindacale in generale ed è certamente interesse del sindacato (a cui, peraltro, appartiene uno dei membri della RSU richiedenti l’assemblea) garantire che il diritto all’esercizio del diritto di riunione (tutelato dall’art. 20 St. lav.) avvenga in modo pieno e certo, senza alcuna limitazione.

La FLC CGIL ha, pertanto, agito a tutela dell’attività sindacale lesa dalla condotta datoriale posta in essere nei confronti della RSU, che è stata ostacolata nell’esercizio del proprio diritto di riunione”.

L’argomentazione, pur avendo una certa attrattiva, è censurabile sotto un duplice profilo:

  • si fonda su una interpretazione dell’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori che, prescindendo da un collegamento diretto – rectius da qualsivoglia collegamento – tra l’O.S. ricorrente e i diritti e le libertà sindacali oggetto di tutela, rende superfluo l’accertamento della sussistenza dell’interesse ad agire (art. 100 c.p.c.) e, quindi, l’accertamento della sussistenza di una delle condizione dell’azione che deve sussistere per l’intera durata del giudizio e che rappresenta uno dei cardini del nostro sistema processuale;

non considera i limiti espressamente sanciti dall’art. 81 c.p.c. alla facoltà di far valere in giudizio un diritto altrui (“fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui”), limiti che trovano fondamento nell’art. 24 Cost..