Applicabilità della solidarietà di cui all’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003 nell’ambito di un c.d. “appalto pubblico”: responsabilità solidale dell’aggiudicatario per i crediti maturati dal lavoratore dipendente di un datore di lavoro (appaltatore) cui è stata sub-appaltata la realizzazione di parte dei lavori da eseguirsi
Con sentenza n. 62/2021, pubblicata il 02/02/2021 (APRI), il Tribunale di Genova, in persona del giudice del lavoro, Dott.ssa Simona Magnanensi, per quel che qui interessa, respingeva il ricorso in opposizione proposto dalla aggiudicataria di un “appalto pubblico” avverso decreto ingiuntivo emesso dallo stesso Tribunale di Genova relativo a crediti di natura retributiva oltre TFR maturati dal lavoratore opposto nel periodo di lavoro durante il quale il medesimo ebbe a lavorare alle dipendenze di un datore di lavoro nell’ambito di un appalto (sub-appalto) conferito dalla aggiudicataria a detto datore, rimasto, peraltro, contumace.
La fattispecie, quindi, in estrema sintesi, è la seguente: 1) prestatore di lavoro creditore nei confronti della società sua ex datrice di lavoro per retribuzioni e TFR; 2) crediti retributivi maturati nell’ambito di un “appalto pubblico”; 3) proposizione di azione monitoria, da parte del lavoratore, per la soddisfazione dei crediti vantati nei confronti del datore di lavoro appaltatore, avverso la società aggiudicataria dell’appalto; 4) applicabilità, quindi, del regime della solidarietà ex art. 29, D.Lgs. n. 276/2003 nei confronti della predetta aggiudicataria; 5) applicabilità della solidarietà contestata proprio dalla società aggiudicataria dell’appalto commissionato da una pubblica amministrazione operandosi, appunto, nell’ambito di un appalto pubblico”.
Sul punto occorre primariamente osservare che il secondo comma dell’art. 29 del decreto legislativo n. 276 del 2003 recita testualmente: “in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro e’ obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.”.
Peraltro, la predetta norma, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, comma 2 dello stesso D.Lgs. n. 276/2003 “… non trova applicazione per le pubbliche amministrazioni e per il loro personale.” e, pertanto, nelle ipotesi di appalto pubblico ove committente sia una P.A.
Invero, ciò che rileva ai fini della esclusione o meno del regime della solidarietà di cui all’art. 29 della “Legge Biagi” non è tanto la natura dell’appalto (pubblico) quanto la natura e la tipologia dei soggetti contraenti. Orbene, nella fattispecie che ci riguarda il contratto di appalto (rectius, sub-appalto) coinvolge due soggetti di diritto privato certamente non qualificabili quali pubbliche amministrazioni. Infatti, il contratto di sub-appalto è stato conferito dalla S.p.A. aggiudicataria della gara d’appalto indetta dal Ministero della Difesa ad una S.r.l., ove, appunto – l’appaltante/aggiudicatario e l’appaltatore – sono pacificamente due società commerciali, ancorché la prima partecipata dallo Stato.
Ebbene, giova rammentarlo nuovamente, il secondo comma dell’art. 1 del D.Lgs. n. 276/2003 esclude dall’applicazione del decreto medesimo solo le pubbliche amministrazioni, dovendosi per tali intendere quelle di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, e non anche tout court gli appalti di natura pubblicistica (ove la “stazione appaltante” è necessariamente una P.A. non potendosi, diversamente, parlare di “appalto pubblico)”.
La sentenza del giudice genovese qui in commento si pone proprio nel solco di quanto testé riferito.
Quello oggetto di giudizio è effettivamente un contratto di appalto (pubblico) conferito da un Ministero ad un “ente aggiudicatore” il quale, a propria volta, ha sub-appaltato parte dei lavori da eseguirsi ad un soggetto terzo (S.r.l. “privata”). Il sub-appaltatore è debitore nei confronti di un lavoratore per crediti da lavoro dipendente maturati in costanza del (sub) contratto di appalto.
A parere del giudice a quo la tesi sostenuta dal ricorrente in opposizione (ente aggiudicatore) circa la non applicabilità a sé del regime di solidarietà di cui all’art. 29 del decreto legislativo n. 276 del 2003 deve essere disattesa.
A riprova della bontà della tesi sostenuta dal magistrato estensore della sentenza oggi in commento si osserva come anche il comma primo dell’art. 9 del D.L. n. 76 del 2013 (conv. in Legge n. 99/2013) preveda che “Le disposizioni di cui all’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modificazioni, trovano applicazione anche in relazione ai compensi e agli obblighi di natura previdenziale e assicurativa nei confronti dei lavoratori con contratto di lavoro autonomo. Le medesime disposizioni non trovano applicazione in relazione ai contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. …”. Il legislatore del 2013, con la predetta norma, ha, di fatto, inteso ribadire l’esclusione della applicabilità del D.Lgs. n. 276/2003 alla c.d. “pubblica amministrazione”, intesa nel senso letterale (e ristretto) del termine, al quale non appartengono, quindi, le società commerciali – anche a partecipazione pubblica – a cui è, pertanto, applicabile, eccome, il regime della solidarietà di cui all’art. 29 della c.d. “Legge Biagi”.
Condivisibilmente, il giudice genovese afferma che “… ben a ragione si deve ritenere applicabile il regime di responsabilità solidale stabilito dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, a quei soggetti privati (aggiudicatario opponente), anche qualora committenti in appalti pubblici, alla cui disciplina pure siano soggetti. …”. Diversamente argomentando, a supporto della tesi da esso sostenuta (applicabilità del regime ex secondo comma, art. 29), il giudice del lavoro ritiene non sussistere alcuna incompatibilità tra la disciplina dettata dalla “Legge Biagi” e il “Codice degli Appalti” (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50). Sul punto, la Suprema Corte (Cass. Ordinanza n. 17998/2019) ha precisato come il divieto posto dal comma secondo dell’art. 1 del D.Lgs. n. 276 del 2003 – che esclude l’applicabilità alle PP.AA. della responsabilità solidale prevista dal citato decreto legislativo all’art. 29, c. 2, ulteriormente specificato dal D.L. n. 76/2013, art. 9 – “… non trova applicazione nei confronti di soggetti privati … ai quali si applica il codice dei contratti pubblici quali “enti aggiudicatori”; anzitutto, in quanto non vi è un espresso divieto di legge ed inoltre, il d.lgs. n. 276/2003, che regola la materia dell’occupazione e del marcato del lavoro sul piano della tutela delle condizioni dei lavoratori, ed il d.lgs. n. 163/2006 (codice degli appalti) che opera, invece, sul piano della disciplina degli appalti pubblici, anche apprestando una tutela ai lavoratori ma con più intensa concentrazione sull’esecuzione dell’appalto, sono tra loro compatibili … (cfr. Cass. 24 maggio 2016, n. 10731; Cass., Sez. VI Lav., 6 aprile 2017 n. 8955; Cass., Sez. VI Lav., 20 luglio 2018 n. 19339).
A fortiori, si osserva come sia lo stesso “codice degli appalti” a fare da contraltare al giudice del lavoro genovese. Infatti, l’art. 105 (sub-appalto), comma 8 del D.Lgs. n. 50/2016, prevede che “Il contraente principale è responsabile in via esclusiva nei confronti della stazione appaltante. L’aggiudicatario è responsabile in solido con il subappaltatore in relazione agli obblighi retributivi e contributivi, ai sensi dell’articolo 29 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. …”.
Al caso di specie, in cui l’ente aggiudicatario (ricorrente in opposizione) è appaltatore della stazione appaltante (P.A.) e committente del datore di lavoro debitore (sub-appaltatore) si attaglia perfettamente la disciplina di cui al citato comma 8, art. 105, codice degli appalti.
Sul punto, soccorre giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, quasi “alluvionale”, riferita, anche e soprattutto, alle c.d. “società partecipate”. Ex multis, si citano: Trib. Reggio Calabria, Sez. Lav., n. 1423, 08/07/2021 “Trenitalia s.p.a., pur essendo società il cui capitale è detenuto dallo Stato, non è qualificabile come pubblica amministrazione ai sensi di quanto disposto dal d.lgs. n. 165/2001. Ciò detto, in caso di appalto pubblico, la disciplina dei diritti del lavoratore è garantita anche quando il committente è soggetto diverso dalle pubbliche amministrazioni, come appunto nel caso di Trenitalia s.p.a.. Di conseguenza, la disciplina dell’art. 29 d.lgs. n. 276/2003 è compatibile con la disciplina del pubblico appalto e lo integra consentendo al lavoratore dell’appaltatore l’azione diretta a far valer il diritto di credito verso il committente.”; Cass. Civ., Sez. Lav., 30/09/2019, n. 24375 “Con riferimento ai contratti d’appalto stipulati dalle Aziende per l’edilizia residenziale pubblica, qualora dette Aziende siano state qualificate dalla legislazione regionale di riferimento quali enti pubblici economici strumentali della Regione, dotati di personalità giuridica e di economia imprenditoriale, patrimoniale, finanziaria e contabile, esse, pur rientrando tra gli “organismi di diritto pubblico”, ex art. 3 del d.lgs. n. 50 del 2016 (Codice degli appalti pubblici) – perché svolgono un servizio pubblico di interesse generale -, non sono sottratte all’applicazione dell’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, e successive modificazioni, in quanto in base all’art. 9, comma 1, del d.l. n. 76 del 2013, conv. con modif. dalla l. n. 99 del 2013, le disposizioni di cui al citato art. 29, comma 2, non trovano applicazione esclusivamente in relazione ai contratti di appalto stipulati dalle Pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001.”.
Sotto altra prospettiva, a rafforzare la tesi del giudice del lavoro genovese soccorre anche quella giurisprudenza per l’effetto della quale, comunque, ai contratti di appalto stipulati con una P.A. trova applicazione la normativa speciale di cui al D.Lgs. n. 163 del 2006 (codice degli appalti) ed in via residuale – ma non meno importante – la norma dell’art. 1676 c.c. che consente agli ausiliari dell’appaltatore di agire direttamente contro il committente (P.A.) per quanto è a loro dovuto; siffatta disposizione normativa, contemplando la possibilità di pagamento diretto da parte dell’amministrazione della retribuzione ai dipendenti dell’appaltatore, configura un rapporto diretto tra gli ausiliari dell’appaltatore e la stazione appaltante, riguardo ai crediti retributivi dei primi nei confronti dell’appaltatore-datore di lavoro. Viene così comunque tutelato il diritto di credito del lavoratore sorto in relazione ad un rapporto di lavoro “applicato” ad un contratto di appalto pubblico (Cfr. anche Cass. 7 luglio 2014 n. 15432).
Bene ha fatto, quindi, il giudice a quo, in applicazione dei principi suesposti, ribadita l’applicabilità alla fattispecie del regime della solidarietà ex art. 29 “Legge Biagi”, a respingere il ricorso e confermare il decreto opposto, condannando l’aggiudicataria opponente alle spese di lite, unitamente al sub-appaltatore, datore di lavoro – rimasto contumace – del lavoratore opposto.
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Invero, in punto solidarietà, ex artt. 1 e 29, D.Lgs. n. 276/2003, varrebbe la pena “aprire un altro capitolo” – assai interessate – sulla effettiva sussistenza di un “diritto di esclusione” della PP.AA. rispetto al regime della solidarietà. … ma questo è un altro discorso e, comunque, lo spazio e il tempo sono tiranni …