Eccezioni alla regola generale della “condizionalità” degli sgravi contributivi
Nell’ordinamento italiano, il sistema di incentivi e sgravi, soprattutto quelli di tipo contributivo, è fondamentalmente basato su un regime di c.d. “condizionalità”, vale a dire su un regime strutturato in modo da ‘premiare’ soltanto le aziende che rispettano – appunto – determinate condizioni imposte per legge, finalizzate proprio alla fruizione di quegli incentivi e sgravi.
Il riferimento normativo è, segnatamente, all’art. 1, comma 1175, l. n. 296/2006, secondo cui “i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
Ne deriva, pertanto, che le aziende che fruiscono di incentivi e sgravi contributivi sono tenute a rispettare ogni singola disposizione in ambito di legislazione previdenziale; rispetto, questo, comprovato dal rilascio, da parte degli Enti previdenziali, del c.d. “DURC” (Documento Unico di Regolarità Contributiva). In caso di mancato rilascio del DURC, e dunque di mancato rispetto della normativa previdenziale, l’azienda inadempiente sarà costretta a restituire gli importi di cui ha fruito.
Orbene, rispetto alla regola generale così esposta non sembrano rinvenirsi, all’interno della legge, eccezioni di sorta in favore delle società ritenute inadempienti, essendo unicamente previsto un apposito regime di rilascio temporaneo del DURC in favore di coloro che, ricevuta una contestazione di inadempienza contributiva e/o previdenziale, promuovono apposito ricorso amministrativo o giudiziario [cfr. art. 3, comma 2, lettere d) ed e), d.m. 30 gennaio 2015], oppure abbiano visto sospesa in via giudiziale la cartella di pagamento di contributi asseritamente omessi [cfr. art. 3, comma 2, lett. f), d.m. 30 gennaio 2015]: ciò consente di far salvi, nelle more dei rispettivi procedimenti, gli incentivi e gli sgravi fruiti.
In questo ambito, invero ristretto, di eccezioni si inserisce un’interessante pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (ord. n. 28359/2021), emessa con riguardo alla revoca di alcuni incentivi e sgravi fruiti in occasione dell’assunzione di un apprendista che, però, si era rifiutato di partecipare “alla formazione esterna all’azienda, benché convocata dal Centro per l’Impiego di Lucca”. Da questa mancata formazione conseguiva il recupero secco degli sgravi contributivi originariamente previsto dall’art. 53, comma 3, d.lgs. n. 276/2003 (non più in vigore), oggi disciplinato dall’art. 47, comma 1, d.lgs. n. 81/2015 (attualmente in vigore).
Tuttavia, una siffatta rigidità sembra essere stata recentemente stemperata dai Giudici di legittimità, i quali hanno statuito che “la logica rigorosamente oggettiva ed unitaria dell’inottemperanza dell’obbligo formativo c.d. esterno, previsto dalla norma citata, assunta dalla Corte di merito a fondamento della interpretazione della normativa sulla decadenza del diritto alle agevolazioni contributive, non appare coerente con l’impianto normativo, la ratio e la coerenza argomentativa interna, potendo portare ad assurde conseguenze come nel caso in cui si desse rilievo ad una mancata minima frequenza – non preclusiva del raggiungimento dell’obiettivo formativo che costituisce l’elemento essenziale che vale a caratterizzare il contratto di apprendistato – per derivarne la decadenza dalle agevolazioni per l’intero rapporto”.
Sicché, concludono i medesimi Giudici, “solo nel caso in cui, sulla base della concreta vicenda, l’inadempimento abbia un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e quindi trasfusi nel contratto; ed in questa seconda ipotesi il giudice deve quindi valutare in base ai principi la gravità dell’inadempimento, giungendo a dichiarare la decadenza dalle agevolazioni in discorso in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di formazione di non scarsa importanza”.
Pertanto, sembra possibile affermare, sulla scorta del precedente qui in commento, che non ogni inadempimento datoriale è suscettibile di portare, automaticamente, alla revoca degli incentivi e degli sgravi fruiti, ma solo quegli inadempimenti connotati da una certa gravità; cosa che può ritenersi sussistente, nell’ambito di un rapporto di apprendistato, soltanto laddove l’attività formativa risulti essere, in concreto, totalmente carente o inidonea con gli scopi del piano formativo.
Non resta che attendere una ragionevole estensione di questo concetto di “gravità dell’inadempimento datoriale” anche rispetto ad altre fattispecie che prevedono, parimenti a quanto accade per l’apprendistato, la revoca degli incentivi e degli sgravi contributivi.
A cura di Marasco Law Firm