Alcuni limiti alle tutele nell’ambito della previdenza complementare

Se da un lato il Legislatore e i principali operatori del mercato (ad es.: le Banche) invitano i cittadini ad aderire a forme pensionistiche complementari, ossia ai Fondi Pensionistici regolamentati dal d.lgs. n. 252/2005, in modo da ammortizzare la spesa previdenziale pubblica e incrementare allo stesso tempo il proprio trattamento pensionistico futuro mediante un’auto-contribuzione incentivata, restano ancora alcuni nodi da risolvere perché questo settore possa divenire proficuo sotto ogni profilo.

Il principale, ma non solo, ostacolo verso la diffusione di queste forme pensionistiche si riscontra con riguardo ai rapporti di lavoro subordinato e, precisamente, con riguardo a quei casi in cui il datore di lavoro ometta di versare, regolarmente, la contribuzione dovuta al Fondo Pensione scelto dal lavoratore, ossia la quota annuale di T.F.R..

In quegli stessi casi, la giurisprudenza di merito è orientata nel ritenere che il Fondo Pensione sia munito di legittimazione attiva per esigere, previo ricorso dinnanzi al competente Giudice del Lavoro, il pagamento della contribuzione omessa. Qualche Tribunale è altresì orientato nel senso che “in caso di inerzia del Fondo nel recupero delle somme … si possa attivare direttamente il lavoratore per far valere il proprio diritto al pagamento delle quote di TFR non versate”, con destinazione delle stesse al Fondo in questione (e non al lavoratore in prima persona: Trib. Ascoli Piceno, Sez. Lav., sentenza n. 359/2019).

La medesima giurisprudenza di merito è anche orientata nel senso che, laddove sia il singolo lavoratore ad agire contro il proprio datore per ottenere la regolarità contributiva presso il Fondo Pensionistico, la partecipazione del Fondo stesso al giudizio in questione sia essenziale, di modo che sarebbe precluso al lavoratore di agire a mezzo decreto ingiuntivo nei confronti del datore inadempiente (non prevedendo il giudizio monitorio, diversamente dal giudizio ordinario, la partecipazione di soggetti terzi).

Questa preclusione, però, è stata denunziata dal Tribunale di Sassari (ord. 13.05.2020), il quale ha ritenuto che, sotto tale profilo, il d.lgs. n. 252/2005 violi, segnatamente, i precetti costituzionali applicabili in ambito di parità di trattamento, di diritto di difesa e di tutela della sfera pensionistica (sanciti, rispettivamente, dagli artt. 3, 24 e 38 Cost.), richiedendo così l’intervento riparatore della Corte costituzionale, in funzione di Giudice delle Leggi.

In particolare, il Tribunale sassarese chiede di risolvere “l’arbitraria disparità di trattamento tra il lavoratore che, dopo aver conferito le quote di TFR a un fondo di previdenza complementare, non potrebbe beneficiare della «celere, semplice e meno costosa procedura monitoria» e «qualunque altro creditore», che potrebbe ricorrere a tale tutela quando «vanti un credito liquido e dimostrato per tabulas»”.

Le argomentazioni del Giudice rimettente, sebbene svolte in assoluta buona fede ed al fine di sottolineare le imperfezioni dell’impianto legislativo che sorregge il pilastro della previdenza complementare, non hanno trovato accoglimento presso la Corte costituzionale, la quale le ha dichiarate inammissibili (sent. n. 154/2021).

Invero, ciò che viene chiesto ai Giudici delle leggi è di ordire un meccanismo di “sostituzione processuale” del lavoratore al Fondo Pensione – unico legittimato attivo a far valere il diritto alle quote di contribuzione dovute dal datore di lavoro, in forza dell’adesione prestata dal lavoratore al Fondo stesso – al solo scopo di consentire al primo la possibilità di agire in via monitoria.

Ciò che, però, comporta una manipolazione dell’art. 81 Cod. Proc. Civ. (il quale disciplina, appunto, le ipotesi in cui un soggetto possa “far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui”, sostituendosi così all’effettivo titolare del diritto), che compete soltanto al Legislatore.

Ed è proprio quest’ultima figura ad essere stata – per così dire – ‘tirata in ballo’ dalla Corte costituzionale e invitata “a risolvere le aporie che pur emergono dalle questioni oggi scrutinate” in una “materia, assai rilevante sul piano delle attese sinergie fra mutualità volontaria e regime pensionistico pubblico”.

A cura di Marasco Law Firm