Il dipendente pubblico trasferito per mobilità volontaria da un’amministrazione all’altra conserva l’anzianità di servizio già maturata

Con sentenza depositata il 10 maggio scorso (APRI), il Tribunale di Rieti ha riconosciuto ad un dipendente pubblico transitato da una PA ad un’altra (dall’avvocatura dello Stato al MIUR) il diritto alla conservazione dell’anzianità precedentemente maturata, condannando il Ministero “cessionario” a corrispondergli anche le dovute differenze stipendiali.

In effetti, nella fattispecie non vi era stata una cesura rispetto al precedente rapporto, essendosi verificata una modificazione meramente soggettiva del medesimo (originariamente posto in capo all’Avvocatura e, successivamente, all’Amministrazione convenuta).

Come noto, la normativa applicabile risulta quella contenuta nell’art. 5, comma 2, DPCM n. 325 del 1988, nell’art. 18, DPCM n. 716 del 1994 e, soprattutto, nell’art. 30, D.Lgs. n. 165 del 2001.

In quest’ultima disposizione, infatti, il Legislatore ha disciplinato il “passaggio diretto” dei dipendenti pubblici da una amministrazione a un’altra.

Tuttavia, con tale espressione ci si è riferiti atecnicamente al concetto di “passaggio”, infatti, come peraltro è stato confermato dal Tribunale reatino, costituisce principio consolidato della Giurisprudenza di Legittimità quello per cui l’espressione “passaggio diretto” contenuta nel citato art. 30 del D.Lgs. n. 165/01 non qualifichi un particolare tipo contrattuale civilistico, ma solamente, nel campo pubblicistico, un particolare strumento attuativo del trasferimento del personale da una Amministrazione ad un’altra, trasferimento caratterizzato da una modificazione meramente soggettiva del rapporto e soggetto a vincoli precisi concernenti la conservazione dell’anzianità, della qualifica e del trattamento economico, potendosi parlare, quindi, di cessione di contratto ex art. 1406 c.c..

Poiché, pertanto, la cessione del contratto non deve essere confusa con la novazione, la quale comporta l’estinzione del rapporto contrattuale e la costituzione di un nuovo rapporto con un diverso soggetto o con un diverso contenuto, si deve conseguentemente determinare che il rapporto di lavoro pubblico instauratosi tra la Pubblica Amministrazione e il ricorrente, si sia protratto, senza soluzione di continuità, fino ad oggi.

Inoltre, le cause di estinzione del rapporto di lavoro sono stabilite tassativamente dalla legge e dal contratto collettivo e, tra di esse non appare il passaggio, per concorso, nei ruoli di altra amministrazione statale.

Anzi, al dipendente in servizio a tempo indeterminato che risulti vincitore del concorso presso altra Amministrazione italiana o degli altri stati membri dell’unione Europea, o presso le istituzioni dell’unione Europea, è concesso – su sua richiesta – un periodo di aspettativa, senza retribuzione e decorrenza dell’anzianità, per la durata dell’eventuale periodo di prova connesso al nuovo impiego.

Allo scadere del periodo di prova, nel caso in cui il dipendente non intenda riprendere servizio presso l’Amministrazione di appartenenza, il rapporto di lavoro con essa sarà risolto per accettazione del nuovo impiego (l’opzione è disciplinata, per il Comparto Scuola, dall’art. 18, c. 5, CCNL 14 agosto 1995).

Il concetto di “mobilità” (“passaggio”) va inteso, si diceva, in senso ampio: come transito, cioè, da un’Amministrazione dello Stato ad altra parimenti statale, indipendentemente dallo strumento in concreto utilizzato (concorso, trasferimento a domanda, trasferimento d’ufficio, trasferimento collettivo, etc.), in aderenza a quanto affermato anche dal Consiglio di Stato II Sez. n. 5044/2003.

Sul punto, inoltre, si veda Cass. SS.UU. n. 26420 del 2006: “la mobilità volontaria prevista dall’art. 33 del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato da ultimo dall’art. 16 della legge 28 novembre 2005, n. 246, integra una modificazione soggettiva del rapporto di lavoro, con il consenso di tutte le parti, e quindi una cessione del contratto”.

Più aderente al senso della c.d. privatizzazione e, quindi, all’art. 1 del D.Lgs. n. 29/1993, è una nozione giuslavoristica di PA, intesa quale datore di lavoro in senso unitario.

Altrimenti, non si spiegherebbe la comune ratio delle norme finalizzate a favorire la mobilità da un’Amministrazione statale ad un’altra e delle norme finalizzate al risparmio della spesa pubblica: norme che non sono destinate a taluna o a talaltra Amministrazione statale, ma a tutte, unitariamente intese, in funzione di un modello organizzativo-burocratico che vede lo Stato, nella sua unitarietà, agire, in materia di risorse umane, secondo principi di derivazione aziendalistica.

Da tutto ciò deriva, dunque, che il lavoratore debba vedersi conservata tutta l’anzianità maturata alle dipendenze del precedente datore da parte del MIUR, in applicazione dell’art. 30, D.Lgs. n. 165 del 2001, poiché la fattispecie può essere qualificata non già come la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro, bensì come la prosecuzione di quello precedente, che ha avuto svolgimento sempre alle dipendenze di una Pubblica Amministrazione.