L’accordo transattivo successivo al licenziamento non esonera dal versamento dei contributi previdenziali per mancato preavviso
Nel caso in cui il lavoratore licenziato rinunci, con atto transattivo successivo al recesso, all’indennità sostitutiva del preavviso, tale rinuncia non ha alcun effetto sull’obbligo contributivo previdenziale, che va comunque adempiuto nei confronti dell’INPS.
Tale principio è stato statuito dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 12932 del 13 maggio scorso (APRI).
Nel caso di specie, la Corte di appello di Firenze, con sentenza n. 1282/2017, aveva condannato il datore di lavoro (istituto di credito) a corrispondere all’INPS oltre 6 milioni di euro in relazione ai contributi sull’indennità di mancato preavviso per il licenziamento di oltre 90 dirigenti.
Secondo la corte fiorentina, dal momento che il licenziamento aveva già prodotto l’effetto risolutivo del rapporto di lavoro, l’indennità di mancato preavviso (espressamente riconosciuta dalla società nell’intimare il licenziamento) costituiva elemento retributivo già entrato a far parte del patrimonio dei lavoratori, e come tale, soggetto ad obbligazione contributiva. In tale contesto, era dunque irrilevante la transazione sottoscritta dopo il licenziamento mediante la quale era stata pattuita la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro con rinuncia, tra le altre cose, all’indennità sostitutiva del preavviso.
Contro tale decisione, proponeva ricorso il datore di lavoro al fine di sentir dichiarare non dovuti i contributi pretesi dall’INPS sull’indennità di mancato preavviso, stante l’espressa rinuncia, con accordo transattivo, dei dirigenti in questione.
La Corte di legittimità ha tuttavia respinto il ricorso e confermato la decisione della Corte fiorentina, argomentando che la transazione intervenuta tra datore e lavoratore è estranea al rapporto contributivo, il quale intercorre invece tra datore e INPS e ha natura di obbligazione pubblica nascente ex lege (Cass. n. 6607/2004). Invero, alla base del calcolo dei contributi deve essere posta la retribuzione dovuta ex lege o per contratto, e non quella corrisposta di fatto. Pertanto, l’obbligazione contributiva del datore verso l’INPS sussiste indipendentemente dal fatto che gli obblighi retributivi siano stati in tutto o in parte soddisfatti, ovvero che il lavoratore abbia rinunciato ai propri diritti (Cass. n. 15411/2020).
In conclusione, secondo i giudici di legittimità, è nel momento stesso in cui il licenziamento acquista efficacia che sorge il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva del preavviso nonché la conseguente obbligazione contributiva su tale indennità: laddove, successivamente, il lavoratore licenziato rinunci al diritto all’indennità, tale rinuncia non avrà alcun effetto sull’obbligazione contributiva, essendo quest’ultima preesistente alla rinuncia e ad essa del tutto indifferente in quanto il negozio abdicativo proviene da soggetto (il lavoratore) diverso dal titolare del diritto contributivo in questione (l’INPS) (Cass. n. 17670/2007).