L’algoritmo sbaglia a calcolare il punteggio di un docente nella graduatoria: Ministero dell’Istruzione condannato
Il Tribunale di Tivoli, in composizione collegiale, si è pronunciato in tema di compilazione della domanda per l’accesso alle graduatorie scolastiche provinciali (d’ora in poi GPS).
La controversia riguardava un docente al quale era stato riconosciuto un punteggio inferiore rispetto a quello atteso (e spettante), a causa di un errore del sistema informatico ministeriale.
L’algoritmo dell’Amministrazione, infatti, abbinava alla dicitura letterale corretta relativa al servizio reso, un codice alfanumerico diverso rispetto a quello della “classe di concorso” per la quale l’aspirante docente aveva fatto domanda.
Di conseguenza, il software – al momento della “lettura” dei codici abbinati ai servizi – valutava quello reso dal docente come “a-specifico”, con conseguente assegnazione, allo stesso, di 6 punti per ogni anno di lavoro, anziché 12 (attribuiti a coloro che avevano maturato, in un anno scolastico, almeno 180 giorni di insegnamento “specifico”).
Il Giudice del procedimento d’urgenza aveva inizialmente rigettato il ricorso ex art. 700 c.p.c., sostenendo che parte ricorrente non si fosse tempestivamente attivata per ottenere una correzione dell’errore del Ministero, non potendosi ammettere, nel rispetto dei principi di correttezza e di buon andamento dell’attività amministrativa (art. 97 Cost.), che gli stessi possano cedere a fronte di un favor partecipationis da tutelare sempre e comunque in caso di sua lesione a seguito di errori meramente formali di compilazione.
Dunque, l’ordinanza che ha chiuso la prima fase aveva addebitato al docente un presunto errore nella “selezione” (da un menu a tendina preimpostato) di un servizio reso; senza considerare che il codice precaricato fosse in origine errato.
Ciò avrebbe causato una lesione del principio di certezza delle situazioni giuridiche, nonché la violazione dell’art. 97 della Costituzione.
Tuttavia, di tutt’altra opinione si è dimostrato il Collegio del reclamo, secondo cui “l’assegnazione del codice «C550» è dipesa da un’anomalia del sistema informatico di compilazione telematica della domanda… Invero, egli, avendo selezionato la corretta dicitura, aveva la legittima convinzione di aver inserito tutti i dati corretti della classe di concorso selezionata; del resto, l’amministrazione era ben consapevole dei servizi in precedenza effettivamente espletati dal docente. Inoltre, non può negarsi che l’inserimento della corretta dicitura letterale assume una particolare pregnanza per l’immediata percezione del dato esteriorizzato. Neanche si può ipotizzare un onere del [docente] di annullare la domanda presentata per formularne una nuova: ciò sia per il legittimo affidamento di cui sopra, sia in quanto tale adempimento non avrebbe condotto ad alcun risultato utile essendo – comunque- il sistema configurato con quella anomalia non rimuovibile dal candidato. Insomma, l’errata codificazione risultante dalla domanda del [reclamante] è imputabile esclusivamente all’Amministrazione e, in particolare, ad un’anomalia del sistema informatico utilizzato per la procedura telematica di presentazione delle domande” (Ordinanza del 27.4.2021).
Dunque, l’orientamento della giurisprudenza di merito sembra propendere per una visione che tuteli maggiormente il lavoratore.
In quest’ottica, il favor partecipationis del soggetto interessato non può mai “cedere il passo” al buon andamento della P.A., poiché è l’Amministrazione stessa che deve tutelare il cittadino e non viceversa.
Per concludere, questa è la conferma che la tecnologia può essere un aiuto per l’uomo, sempre mantenendo una funzione “servente”, ma è comunque necessario tutelare il diritto ad una decisione “umana”: negli USA si parla di human in the loop.