Limiti agli sgravi contributivi per le assunzioni post licenziamento
Come noto, gli sgravi contributivi costituiscono un’agevolazione di non poco conto per quei datori di lavoro che intendono procedere a nuove assunzioni. Ciò soprattutto se ad essere assunta è una risorsa ‘ripescata’ dalle famigerate liste di mobilità (ossia, che ha perso la precedente occupazione).
V’è da dire infatti che, al di là della durata e dell’importo dello sgravio (in verità, abbastanza limitati), per il datore di lavoro la possibilità di ammortizzare – anche solo parzialmente – il costo di una nuova risorsa consente di destinare ad altre forme di investimento quelle somme di denaro che, altrimenti, sarebbero vincolate alla nuova assunzione, in quanto volte in primo luogo a ripagarne il costo contributivo (voce che incide notevolmente sul “cuneo fiscale” della forza lavoro).
Tuttavia, per beneficiare di uno sgravio contributivo non basta l’aver proceduto all’assunzione di una nuova risorsa; ed infatti, il datore di lavoro dovrà accertarsi che per quella medesima risorsa non sia già stato integralmente fruito lo sgravio cui si vuole accedere e, cosa più importante, che tale assunzione non sia effettuata in violazione di specifici limiti previsti dalla legge e/o dalla contrattazione collettiva.
Limiti, questi, in cui rientra il c.d. “diritto di precedenza” previsto dall’art. 15, comma 6, legge n. 264/1949. Tale disposizione di legge, spesso ignorata a causa della sua vetustà (pur risalendo al 1949 essa è pienamente vigente), sancisce che “i lavoratori licenziati da un’azienda per riduzione di personale hanno la precedenza nella riassunzione presso la medesima azienda entro sei mesi” (il termine originario di un anno è stato così dimezzato dall’art. 6, comma 4, d.lgs. n. 297/2002).
Pertanto, laddove si proceda ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo oppure per licenziamento collettivo, sarebbe inibito al datore di lavoro dare il via a nuove assunzioni nei sei mesi successivi alla intimazione del licenziamento.
Il condizionale è d’obbligo poiché, per quanto riguarda gli sgravi contributivi, tale diritto di precedenza ha conosciuto un temperamento ad opera della giurisprudenza. In particolare, la Suprema Corte di Cassazione sostiene, da sempre, che lo sgravio è fruibile anche in caso di nuova assunzione avvenuta prima del decorso di sei mesi, a patto che il datore di lavoro “fornisca la prova della assoluta inevitabilità della scelta, sotto il profilo delle professionalità assolutamente peculiari da acquisire all’azienda ovvero della impossibilità di procedere alla stipulazione di contratti dei quali potrebbero essere parti gli ex dipendenti” (Cass., n. 14293/2002).
E, però, al fine di dimostrare la suddetta diversa professionalità non basta che i due lavoratori (quello licenziato e quello neo-assunto) siano inquadrati in due distinti livelli: ciò che rileva, secondo i Giudici di legittimità, è la “qualifica” dei due lavoratori oggetto di esame (sent. n. 9913/2021)
Rilievo, questo, che avrà particolare incidenza in relazione a quei contratti collettivi articolati in livelli di inquadramento che contemplano figure assimilabili tra loro, salvo qualche sfumatura (si pensi, ad esempio, ai “progettisti” nel settore metalmeccanico, che possono essere “progettisti” tout court o semplici “disegnatori”).
A cura di Marasco Law Firm