La Corte EU fa pendant con la Corte Costituzionale: in caso di licenziamento collettivo illegittimo il lavoratore assunto con Jobs Act non ha diritto alla reintegrazione
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La Corte d’appello di Napoli prima ed il Tribunale di Milano poi si sono posti il medesimo dubbio: è legittimo escludere la reintegrazione del lavoratore assunto dopo il 7 marzo 2015 allorquando il licenziamento collettivo illegittimo comporti un differente trattamento sanzionatorio rispetto agli altri lavoratori?
Come è noto, in Italia vigono due regimi tutelari in caso di licenziamento collettivo illegittimo.
Per gli assunti prima del 7 marzo 2015, è possibile disporre la reintegrazione nell’impresa in caso di violazione dei criteri di scelta.
Per gli assunti dopo il 7 marzo 2015, è possibile disporre di una mera tutela indennitaria.
A tal proposito già la Corte costituzionale con la sentenza n. 254/2020 aveva dichiarato la inammissibilità delle questioni di costituzionalità sollevate dalla Corte d’appello di Napoli in materia di licenziamento collettivo per i lavoratori assunti con Jobs Act.
Ma oggi, 17 marzo 2021, lo ribadisce ulteriormente la Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella Causa C 652/19.
Il fatto è che nel caso di specie il solo lavoratore escluso dalla reintegrazione (a fronte di 350 reintegrati) era stato assunto a tempo determinato prima del 7 marzo 2015, sollevando il Tribunale di Milano dunque dubbi in merito alla violazione del principio non discriminazione della direttiva 1999/70/CE.
La Corte tuttavia ritiene che la direttiva “non osta a una normativa nazionale che estende un nuovo regime di tutela dei lavoratori a tempo indeterminato in caso di licenziamento collettivo illegittimo ai lavoratori il cui contratto a tempo determinato, stipulato prima della data di entrata in vigore di tale normativa, è convertito in contratto a tempo indeterminato dopo tale data.”.