Secondo il Tribunale di Roma, il blocco dei licenziamenti si applica anche ai dirigenti

Come è ormai noto, il D.L. n. 18/2020 (c.d. decreto “Cura Italia”), come modificato dal D.L. n. 34/2020 (c.d. decreto “Rilancio”) ha stabilito che il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo, con sospensione delle procedure in corso avviate ai sensi dell’articolo 7 della Legge 15 luglio 1966, n. 604.

Il blocco è attualmente in vigore fino al 31 marzo 2021.

Un primo problema applicativo nasceva dall’omessa indicazione – nel menzionato art. 46 – circa le conseguenze dei licenziamenti irrogati nel periodo di blocco (nullità o temporanea inefficacia).

Tuttavia, la finalità del “blocco” è parsa sin da subito essere quella di impedire scelte datoriali esclusivamente ispirate alla contingenza della difficoltà economica del momento, che il Governo ha cercato di scongiurare con interventi a favore delle imprese.

Se così è, il rimedio è certamente quello della nullità.

Orientamento condiviso anche dalla prevalente Giurisprudenza di merito come, ad esempio. Trib. Mantova, secondo cui quella introdotta dal Legislatore in fase emergenziale sarebbe “una tutela temporanea della stabilità del mercato e del sistema economico” per salvaguardare la stabilità del sistema economico, ma anche “una misura politico-economica del mercato del lavoro collegata ad esigenze di ordine pubblico”.

In tale ottica, “dal carattere imperativo e di ordine pubblico della disciplina del blocco dei licenziamenti consegue la nullità dei licenziamenti adottati in contrasto con la regola, con una sanzione ripristinatoria ex art. 18, 1°comma, l. n.300/1970 e ex art. 2 d.lgs. n.23/2015, derivando la nullità dall’art. 1418 c.c.”. (Trib. Mantova n. 112/2020 – APRI).

Va inoltre osservato che il tenore letterale della norma risulta a dir poco equivoco in relazione alla posizione dei dirigenti.

Il dirigente è, in effetti, estraneo rispetto all’ambito di applicazione della L. 604/1966 e beneficia di una tutela contrattuale che si atteggia in modo differente a seconda dei settori.

Quest’ ultima, si basa sul requisito della c.d. “giustificatezza” (in questo caso oggettiva).

La nozione di giustificatezza del recesso si discosta da quella di giustificato motivo ed è ravvisabile ove sussista l’esigenza, economicamente apprezzabile in termini di risparmio, della soppressione della figura dirigenziale in attuazione di un riassetto societario e non emerga, in base ad elementi oggettivi, la natura discriminatoria o contraria a buona fede della riorganizzazione.

Il Giudice – in queste ipotesi – deve limitarsi al controllo sull’effettività delle scelte imprenditoriali poste a base del licenziamento, non potendo sindacarne il merito, poiché garantite dal precetto di cui all’art. 41 Cost.

Detto questo, occorre chiedersi se il riferimento fatto dalla normativa di blocco all’art. 3 L. 604/1966 sia effettuato al fine di individuare la platea dei beneficiari del blocco oppure solamente una delle tipologie di licenziamento investite dal divieto: quello economico.

Secondo il Tribunale di Roma, nonostante la normativa faccia espresso riferimento al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il divieto deve applicarsi anche al personale con qualifica di dirigente, in quanto la ratio della disposizione è quella, in un certo senso di ordine pubblico, di evitare in via provvisoria che le conseguenze economiche della pandemia si traducano nella soppressione immediata di posti di lavoro.

Viene inserita nell’Ordinamento una compressione temporanea di una libertà/diritto fondati sull’art. 41 Cost., tendenzialmente destinata a trovare contemperamento in misure di sostegno alle imprese, ed ispirata ad un criterio di solidarietà sociale: “non lasciare che il danno pandemico si scarichi sistematicamente ed automaticamente sui lavoratori” (Trib. Roma in commento – APRI).

In applicazione di tali principi, il Giudice del merito ha dichiarato nullo (con gli effetti previsti dall’art. 18 Stat. Lav.) il licenziamento per motivo oggettivo di natura economica, intimato ad un dirigente, in vigenza del divieto introdotto dalla normativa emergenziale Covid-19.