Docenti, graduatorie e compilazione della domanda: orientamenti di merito a confronto
Di recente, la Giurisprudenza di merito si è pronunciata sul tema delle Graduatorie scolastiche provinciali di istituto e, nello specifico, sul possibile errore, durante la compilazione della domanda, da parte degli aspiranti docenti.
La questione giuridica ruota attorno al seguente problema: in caso di errore nell’indicazione dei servizi resi il docente ha diritto al riconoscimento del punteggio che gli spetterebbe (in base al servizio effettivamente prestato)?
Ebbene, nella Giurisprudenza di merito si registrano interpretazioni contrapposte.
Infatti, da ultimo, con ordinanza del 7.1.2021 (APRI), il Tribunale di Tivoli ha rigettato il ricorso d’urgenza presentato da un docente, il quale lamentava che – a causa di un errore del sistema informatico ministeriale al momento della compilazione della domanda – gli era stato riconosciuto un punteggio inferiore rispetto a quello atteso nella Graduatoria scolastica provinciale.
Secondo il ricorrente, lo stesso avrebbe inserito – correttamente – la denominazione del servizio svolto trovando “in abbinato” alla dicitura letterale un codice alfanumerico diverso rispetto a quello della classe di concorso per la quale aveva fatto domanda.
Di conseguenza, l’algoritmo ministeriale – essendo una intelligenza artificiale mossa da un processore automatico – sulla base della “lettura” dei codici ha valutato il servizio reso dal docente come “a-specifico”, con assegnazione al docente di 6 punti per ogni anno di servizio anziché 12 (attribuiti a coloro che avevano maturato, in un anno scolastico, almeno 180 giorni di insegnamento “specifico”).
Tuttavia, il Giudice di Tivoli ha motivato il rigetto, sostenendo che parte ricorrente non si è tempestivamente attivata per ottenere una correzione, non potendosi ammettere, nel rispetto dei principi di correttezza e di buon andamento dell’attività amministrativa (art. 97 Cost.), che gli stessi possano cedere a fronte di un favor partecipationis da tutelare sempre e comunque in caso di sua lesione a seguito di errori meramente formali di compilazione.
In sintesi, l’ordinanza in commento ha considerato – quale errore addebitabile al docente – la “selezione” (da un menù a tendina preimpostato) di un servizio reso, ma affiancato – non per sua colpa – da un codice errato, in ragione della mancata tempestiva attivazione del docente, che avrebbe causato una lesione del principio di certezza delle situazioni giuridiche, nonché la violazione dell’art. 97 della Costituzione.
Diametralmente opposta all’ordinanza del Tribunale di Tivoli si pone una decisione del Tribunale di Foggia del 2.1.2021 (APRI).
Il caso è sovrapponibile al primo: ad una docente non era stato riconosciuto il punteggio spettantele poiché non aveva inserito, nella domanda, tutti i servizi prestati.
Tuttavia, in questa vicenda, il Giudice del lavoro di Foggia, adito in via d’urgenza, prende in considerazione l’importanza dell’art. 8 dell’O.M. 60/2020, statuendo chedoveva ammettersi la rettifica del punteggio attribuito alla ricorrente. Tale rettifica, su istanza dell’interessato, e previo confronto con i dati in possesso del MIUR discende dal generale l’obbligo del c.d. soccorso istruttorio.
Infatti, ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. b), della L. n. 241/1990 e dell’art. 71, comma 3, del d.P.R. n. 445/2000, la PA ha l’obbligo di esperire il soccorso istruttorio volto alla rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete.
Tale obbligo di verifica e di controllo permane anche nei casi in cui la domanda di partecipazione sia presentata in modo informatizzato.
Quindi, il Tribunale di Foggia ha accolto il ricorso della docente, sostenendo che è compito della PA tutelare il cittadino (e non viceversa) in modo tale che il suo diritto possa essere esercitato.
Dal confronto appena effettuato, emerge – chiaramente – una posizione non univoca da parte della Giurisprudenza di merito che, probabilmente, farà discutere ancora.
Per concludere, appare maggiormente condivisibile questa seconda decisione, che mira a dare effettiva tutela al diritto – al lavoro e alla professionalità – azionato in giudizio, invece che limitarsi a ritenere che tutto ciò che è automatizzato è, per ciò stesso, oggettivo, certo, insindacabile e, soprattutto, non bisognevole di un intervento “umano” dell’Amministrazione, la quale deve svolgere la “necessaria verifica di logicità e legittimità della scelta e degli esiti affidati all’algoritmo” (Cons. Stato, sez. VI, n. 881 del 4 febbraio 2020).
D’altronde, come insegnato da Mandrioli, “ciò che compromette o pregiudica i diritti consiste nel non fare ciò che si doveva fare o nel fare ciò che non si poteva o doveva fare”.