Ancora sulla adeguata remunerazione dei medici ex specializzandi: la cassazione tiene il punto sulla prescrizione

È sempre attuale il dibattito in tema di risarcimento del danno in favore dei medici ex specializzandi. Il caso in esame riguarda, in particolare, coloro che hanno frequentato i corsi di formazione svoltisi tra il 1983 e il 1991.

Il diritto deriva dalla perdurante inattuazione (fino al 2007) delle Direttive europee nn. 75/362/CEE e 82/76/CEE che, non essendo sufficientemente specifiche, non sono idonee a produrre effetti automatici nell’Ordinamento interno: conseguentemente, per il medico che abbia subito gli effetti pregiudizievoli della loro mancata attuazione spetta risarcimento del danno.

Tale diritto è ormai riconosciuto dalla Giurisprudenza maggioritaria in favore dei medici ex specializzandi (vd., da ultimo, Cass. n. 19744 del 23.7.2019); tuttavia, residua il problema del dies a quo della decorrenza del termine prescrizionale.

La Cassazione, nell’Ordinanza n. 1676 del 26.01.2021 in commento (APRI), ha affermato che “risulta confermato il suo exordium in data 27.10.1999 poiché tutti gli aventi diritto hanno avuto, da quel momento, la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla normativa europea: nei confronti di costoro, pertanto, la prescrizione decennale della pretesa risarcitoria comincia a decorrere dal 27.10.1999”, ovvero dalla entrata in vigore della Legge n. 370 del 1999, la quale riconosceva il diritto risarcitorio in favore dei destinatari di alcune sentenze del TAR del Lazio.

L’inconferenza della Legge “riparatoria” del 1999 rispetto alle posizioni della stragrande maggioranza degli ex specializzandi e la conseguente impossibilità di esercitare il diritto a rivendicare una retribuzione adeguata non rappresenta, per la Suprema Corte, un impedimento per la decorrenza del termine prescrizionale, il quale – secondo l’interpretazione giudiziale dell’art. 2935 c.c. – non inizierebbe a decorrere solo dal momento a partire dal quale il diritto può essere esercitato ma anche (come in questo caso) da quello a partire dal quale si ha la ragionevole certezza della sua impossibilità di esercizio, proprio in ragione del carattere rimediale dell’intervento del Legislatore del 1999.

In altri termini, la Legge n. 370 del 1999 espliciterebbe, oltre ogni ragionevole dubbio, la pregressa inadempienza dello Stato all’obbligo di adeguamento del diritto interno alle norme di rango sovranazionale determinando, con ciò, il danno-conseguenza già procuratosi a carico di tutti coloro che non avessero beneficiato della norma di favore.

Ebbene, analizzando complessivamente l’intricata vicenda, questo recente orientamento non convince.

Infatti, la prima norma interna di parziale attuazione delle direttive UE si è fatta attendere sino al 1991, quando con il D.lgs. n. 257 il Legislatore ha previsto una remunerazione applicabile a decorrere dal 1° gennaio 1992.

Nel 1999, con la L. n. 370 del 1999, il Legislatore ha attribuito il diritto alla remunerazione agli specializzandi tra il 1983 e il 1991, ma nei soli riguardi dei destinatari delle sentenze passate in giudicato del TAR Lazio (cfr. art. 11, c. 1).

Pare evidente, dunque, che si possa parlare di un intervento “riparatorio” più che attuativo, realizzato mediante una “sanatoria” rivolta non a tutti i destinatari della direttiva comunitaria.

Dalla perdurante mancata attuazione della direttiva UE per gli specializzandi 1983-1991 sarebbe dovuta derivare la non decorrenza del termine di prescrizione decennale, non potendosi individuare – ai sensi dell’art. 2935 c.c. – il “giorno dal quale il diritto può essere fatto valere”.

Ed invero, secondo Cass. n. 7836 del 20.4.2016 “la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere Pertanto, se correlativo al diritto è un obbligo di natura negativa, la prescrizione decorre dal momento dell’inadempimento; se correlativo è un obbligo di natura positiva, la prescrizione decorre dal momento in cui la prestazione diventa esigibile”.

È dunque decisivo, in simili fattispecie, individuare il momento in cui il soggetto può oggettivamente venire a conoscenza del danno ed è esattamente questo, come noto, l’orientamento della Cassazione in materia (vd. Cass. n. 17448 del 14.7.2017).

Tale principio è chiaramente individuabile nella Giurisprudenza della CGUE (es. sentenza del 24.1.2018 pronunciata nelle cause riunite C-616/16 e C-617/16) secondo la quale, nel determinare l’ammontare del risarcimento, afferma che lo stesso deve essere determinato in base a quanto previsto dalla normativa nazionale di trasposizione della singola Direttiva: ma tale normativa, di fatto, non esiste per gli specializzandi ante 1991.

Dunque, per poter ritenere che la normativa italiana in questione abbia trasposto le direttive comunitarie, occorre che tale normativa abbia attribuito un diritto agli stessi: ciò evidentemente non è accaduto per coloro i quali non hanno attivato, vittoriosamente, un giudizio dinanzi al TAR.

Per tale ragione, si può quindi e in conclusione sostenere, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza in commento, che la prescrizione non è mai iniziata a decorrere, non essendo stata mai attuata la direttiva per i medici che hanno frequentato delle scuole di specializzazione tra il 1983 e il 1991.

Da ultimo si è espresso il Tribunale di Genova, con una lunga e articolata motivazione già commentata da M. Isceri e G. Iorio su csdnroma.it.

L’auspicio è dunque quello che l’ordinanza in commento non costituisca l’interpretazione definitiva della Cassazione, che certamente tornerà a pronunciarci su questo tema, poiché, a quanto consta, sono pendenti nei gradi di merito ancora tantissimi giudizi e da più parti si invoca un risolutore intervento legislativo.