“Legge di Bilancio 2021” e incentivazioni all’esodo
In altra sede ci siamo occupati di analizzare le novità normative introdotte dalla “Legge di Bilancio 2021” (legge n. 178/2020) in tema di nuove assunzioni. Dopo aver esaminato tale profilo, è ora possibile analizzare – per così dire – “l’altra faccia della medaglia” della legge in questione, nonché del processo di ricambio generazionale che ha voluto introdurre, vale a dire il meccanismo di incentivazione dei pensionamenti e dei prepensionamenti.
Il riferimento è, segnatamente, all’art. 1, comma 349, legge n. 178/2020 con il quale il Legislatore, intervenendo sul c.d. “contratto di espansione” (ossia quello strumento, avente finalità solidaristiche, con cui si tende a favorire l’ingresso di nuovi lavoratori mediante una riduzione collettiva degli orari di lavoro del personale già in forza), lo ha modificato prevedendo che “per i lavoratori che si trovino a non più di sessanta mesi dalla prima decorrenza utile della pensione di vecchiaia, che abbiano maturato il requisito minimo contributivo, o della pensione anticipata … nell’ambito di accordi di non opposizione e previo esplicito consenso in forma scritta dei lavoratori interessati, il datore di lavoro riconosce per tutto il periodo e fino al raggiungimento della prima decorrenza utile del trattamento pensionistico, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro, un’indennità’ mensile, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, come determinato dall’INPS”.
Si tratta, in poche parole, di un vero e proprio “scivolo pensionistico” che mira ad accompagnare i dipendenti o alla pensione di vecchiaia o a quella anticipata, riparandoli al contempo da future (e svantaggiose) riforme pensionistiche.
Lo strumento mostra ben più di un’assonanza con l’isopensione prevista dalla “Legge Fornero” che, non a caso, viene a sua volta recuperata dal Legislatore: questi, infatti, ha previsto fino al 2023 la possibilità di ricorrere anche a tale ulteriore “scivolo pensionistico” (della durata di ben 7 anni). Tuttavia, diversamente dai prepensionamenti connessi al contratto di espansione sopra esaminato, l’isopensione della “Legge Fornero”, anche nella sua nuova veste, potrebbe rivelarsi meno conveniente, giacché il datore di lavoro dovrà versare non solo l’equivalente della pensione maturata al momento della cessazione, ma anche la contribuzione piena cui avrebbe diritto il lavoratore, e ciò sia in caso di pensione di vecchiaia, sia in caso di pensione anticipata.
Vero è che quelli appena esaminati non sono gli unici due strumenti con cui completare un percorso di ricambio generazionale. Ed infatti, merita di essere richiamata e ricordata anche la possibilità prevista dall’art. 14, comma 3, d.l. n. 104/2020, consistente nella stipula di un accordo “quadro” sindacale a livello aziendale con cui disciplinare la conclusione di successivi accordi individuali volti ad erogare un incentivo all’esodo a coloro che intendono abbandonare il lavoro. Il tutto, tra l’altro, con la possibilità per questi lavoratori di accedere al beneficio della NASpI (e quindi a due anni di contribuzione figurativa: non male per coloro cui manca davvero poco alla pensione), pur trattandosi di una risoluzione consensuale: come noto, infatti, la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro non garantisce, di norma, la NASpI, a patto che non si tratti di una risoluzione consensuale ex art. 6 del d.lgs. n. 23/2015, oppure ex art. 7 della legge n. 604/1966 (cfr. Circ. INPS n. 142/2015).
Si tratta di alternative tutte allettanti che, con un ausilio consulenziale e qualche conto alla mano, potrebbero traghettare molte realtà imprenditoriali, già seriamente colpite dalla crisi del 2020, lungo tutto il 2021.
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