Rider e food-delivery: al via le verifiche dell’Ispettorato del lavoro e del Garante Privacy

Si infiamma sempre di più il dibattito su come debbano essere inquadrati e, soprattutto, gestiti – a livello retributivo e contributivo – i c.d. “rider”, ossia quei “ciclofattorini” impiegati, prevalentemente, nell’ambito delle consegne a domicilio, soprattutto di cibo e di altri generi alimentari, effettuate mediante app come “Just Eat”, “Glovo”, “Deliveroo”, etc.

Ciò in quanto, alla luce dell’introduzione di nuove “zone rosse” ancora e delle conseguenti limitazioni alla mobilità, le food company e i ristoratori in generale tendono sempre più ad invitare i propri Clienti ad ordinare a domicilio: sicché è ragionevole attendersi, nei prossimi mesi, un aumento esponenziale del servizio di c.d. “food-delivery”.

Del pari, aumenterà anche l’attenzione che le Pubbliche Autorità dedicheranno al fenomeno dei “rider” al fine di prevenire il verificarsi di condotte abusive od illegittime perpetrate in danno di questi lavoratori. Significativa è stata, in tal senso, la vicenda giudiziaria che ha recentemente coinvolto Uber Italy, la quale è stata commissariata giudizialmente dal Tribunale di Milano (decreto del 28 maggio 2020), in quanto era stato scoperto che numerose società collegate a Uber Italy, aventi la funzione di ingaggiare e gestire i “rider”, assumevano persone a rischio di emarginazione sociale (i.e.: persone domiciliate in strutture di accoglienza; immigrati; etc.) al solo scopo di remunerarle appena 3 (tre) euro a consegna, senza alcuna copertura contributiva ed assicurativa.

L’inchiesta condotta dalla magistratura milanese ha portato all’emersione di un fenomeno divenuto poi noto come “caporalato digitale”.

Ebbene, al fine di prevenire il verificarsi di simili illeciti ed in ottemperanza agli inviti del Legislatore in merito alla stipula di un contratto collettivo in favore dei “rider” (cfr. art. 47-bis e ss. D.Lgs. n. 81/2015, modificato dal D.L. n. 101/2019), un’associazione che rappresenta le compagnie del food delivery (Assodelivery) e l’organizzazione sindacale UGL hanno concordato, in data 15 settembre 2020, la prima disciplina collettiva a favore di tutti i “ciclofattorini”.

Sennonché, le modalità di remunerazione descritte in questo contratto collettivo, sostanzialmente “a cottimo” (i.e.: tot euro a consegna, con possibilità di una maggiorazione nelle città in cui era stato da poco inaugurata la prassi del food delivery, oppure in caso di condizioni atmosferiche avverse) hanno acceso i riflettori del Ministero del Lavoro – e, quindi, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro – che, con comunicazione del 17 settembre 2020, ha letteralmente “bocciato” il contratto in questione, di fatto preannunciando verifiche ispettive presso le società che lo applicheranno.

Il Ministero/Ispettorato del Lavoro non è stata, però, la sola Pubblica Autorità ad essere scesa in campo. Anche il Garante della Privacy, con deliberazione del 1° ottobre 2020, ha preannunciato che saranno condotti specifici accertamenti nei confronti delle società del food delivery con riguardo alle modalità di trattamento e conservazione dei dati personali dei “rider”: ricordiamo infatti che, ai sensi del GDPR (Reg. EU 2016/679), un trattamento illegittimo o, comunque, privo di consenso informato dei dati personali di dipendenti e collaboratori può portare alla comminazione di sanzioni calibrate su significative percentuali di fatturato aziendale (i.e.: 4%)

Ciò detto, è ancora poco chiaro come, nella prassi, questi “rider” debbano essere contabilizzati e gestiti dalle società che li impiegano. Purtroppo, la risposta non è univoca, in quanto essa dipenderà da come, nei fatti, è elaborato ed organizzato l’algoritmo che li governa e dall’organizzazione del lavoro che le singole società intenderanno adottare.

Invero, lo stesso Ispettorato Nazionale del Lavoro (circ. n. 7 del 30 ottobre 2020) ha stabilito che la qualificazione del rapporto di lavoro del “rider” come lavoratore subordinato o lavoratore autonomo/parasubordinato è condizionata al “grado di autonomia decisionale da parte del collaboratore in ordine alle modalità esecutive delle prestazioni”. Trattasi, a ben vedere, di un concetto evanescente, se non debitamente definito già in sede di stipula dell’accordo commerciale tra la società di food delivery e le ditte della ristorazione che si avvarranno dei “rider”.

In ogni caso, un recente protocollo siglato in data 2 novembre 2020 tra le principali associazioni datoriali e sindacali del settore delivery in generale ha previsto che la remunerazione dei “rider” non potrà essere inferiore a quella prevista dal CCNL Logistica e dalla sua “aggiunta” del 18 luglio 2018 in tema di consegne a domicilio mediante “ciclofattorini” e app.

Orbene, stante la complessità dello scenario suesposto, diventa ormai indispensabile rivolgersi a professionisti del settore affinché, già in fase di elaborazione degli accordi commerciali, si prevengano quelle ipotesi di rischio che, se non adeguatamente circoscritte, possono portare, “a macchina avviata”, all’interruzione delle attività di consegna mediante “rider”, con gravi ripercussioni sugli introiti delle società che vi hanno investito.

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